Il catechismo di don Maurizio Patriciello contro l’omertà

Il prete Anticamorra stamattina ha fatto visita ai ragazzi dell’Itas-Itc di Rossano.

Un confronto alla pari per trasmettere messaggio di coraggio e riscatto: «La regola è che Se qualcuno fa male a te è come se avesse fatto male a me»

CORIGLIANO-ROSSANO – «Ad un palmo da me può succedere qualsiasi cosa, tanto non mi importa». Quante volte abbiamo ascoltato questa frase? Migliaia. Tanto da essere diventato uno stile di vita. «Ed è qui l’errore, probabilmente il peccato originale nel quale si genera la criminalità». È partita da qui la lunga e bella catechesi che stamani don Maurizio Patriciello, il prete Anticamorra che ha sfidato il potere dei clan di Caivano e che per questo da tempo – ormai – vive sotto scorta, ha “impartito” ai ragazzi dell’istituto superiore Itas-Itc di Rossano nel corso del seminario “A testa alta. Un tuffo nella legalità” svoltosi nell’Aula Magna dell’Istituto in via Nazionale. Un messaggio forte contro l’omertà e un richiamo al coraggio. Lo stesso coraggio che, sabato scorso dalle piazze di Cassano Jonio, ha invocato e chiesto don Luigi Ciotti, il presidente di Libera, al culmine della manifestazione contro la ‘ndrangheta organizzata in occasione dei 10 anni dalla barbara uccisione del piccolo Cocò Campolongo.

L’indifferenza? «È un peccato» ha incalzato don Patriciello. Che poi ha aggiunto: «Il mio peccato offende me stesso e offende Dio perché sa che l’uomo ha gli strumenti per non vivere nel peccato». E al peccato non possono esserci attenuanti o giustificazioni, tantomeno possono esserci «però». «Se una persona ha sbagliato – ha detto don Maurizio nel suo parlare alla pari con gli studenti – non possiamo dire È vero, però! No, è il coraggio che deve venire fuori».

Un discorso gioviale e accorato, quello di don Maurizio, con il suo marcato accento partenopeo che fa subito casa e che entra dritto nel cuore. Seduti ad ascoltarlo, oltre ai ragazzi, ovviamente, c’erano gli educatori, i sacerdoti della diocesi di Rossano-Cariati guidati dal vicario generale don Pino Straface, i rappresentanti territoriali delle forze dell’ordine con in testa il vice questore Giuseppe Zanfini e il comandante della stazione di Rossano, luogotenente Antonio Merlo.

Tante le domande che i ragazzi hanno rivolto al prete di Caivano. Che ha risposto puntualmente incalzando, parlando di coraggio e continuando a catechizzare contro l’omertà («La regola è che Se qualcuno fa male a te è come se avesse fatto male a me»). Non solo. Il messaggio di don Maurizio è infarcito di antidoti contro la paura di denunciare e di aneddoti per far capire che quanto sia importante e influisca sulla vita di ognuno la conoscenza delle persone. «La paura è dire ti amo senza conoscere una persona» ha detto ricordando alcune storie tristi di femminicidi, familicidi e bullismo. È il paradosso della società liquida, quella che dei sentimenti a basso costo e che genera drammi giganteschi.

Ed è qui che entra in gioco due aspetti importanti per sconfiggere il peccato della criminalità: l’intelligenza e la cultura. «L’intelligenza – ha detto Maurizio Patriciello – ce l’ha data il Padreterno, la cultura dobbiamo farcela noi. Più cose conosciamo, più cose sappiamo, più siamo liberi. Ed essere liberi significa anche essere liberi dalle catene della sopraffazione. Come abbiamo deciso, allora, di vivere questa vita? A testa alta o a testa bassa e nell’indifferenza?» La risposta a questa domanda essenziale possiamo darcela solo noi. Con una consapevolezza: «Abbiamo una sola vita, non c’è rivincita!»

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